Continua la resistenza del popolo della Val di Susa e ovunque si moltiplicano le iniziative di solidarietà e sostegno ad una lotta che sempre più persone comprendono non essere solamente quella locale di chi difende la propria terra e i propri diritti, e tantomeno quella di una minoranza violenta che rifiuta decisioni democratiche e rallenta il progresso per difendere i propri interessi, come a carta stampata, televisione e partiti dell’intero arco parlamentare piace narrarla.
Come scrive in questo bell’articolo Guido Viale, quello in atto in Valle di Susa è un autentico “scontro di civiltà”: la manifestazione di due modi contrapposti e paradigmatici di concepire e di vivere i rapporti sociali, le relazioni con il territorio, l’attività economica, la cultura, il diritto, la politica. Per questo esso suscita tanta violenza da parte dello stato – inaudita, per un contesto che ufficialmente non è in guerra – e tanta determinazione – inattesa, per chi non ne comprende la dinamica – da parte di un’intera comunità. Quale che sia l’esito, a breve e sul lungo periodo, di questo confronto impari, è bene che tutte le persone di buona volontà si rendano conto della posta in gioco: può essere di grande aiuto per gli abitanti della Valle di Susa; ma soprattutto di grande aiuto per le battaglie di tutti noi.
Intanto, il progetto della nuova ferrovia ad alta velocità del Brennero – l’opera più pesante mai progettata in Alto Adige o in Trentino – riemerge dalla nebbia in cui è stato dissimulato negli ultimi anni. È vitale generalizzare la lotta contro queste opere devastanti ma soprattutto contro le logiche che stanno dietro le grandi opere; per un modello di sviluppo diverso. Qualcosa ricomincia a muoversi anche nella sonnecchiosa Bolzano. Bella e partecipata, l’altro ieri, l’assemblea del comitato KEIN BBT / NO TAV. Prossimamente sono già previste diverse iniziative.
Pubblichiamo intanto l’adattamento di un documento (da www.notavbrennero.eu, sito ricco di informazioni e documentazione sul progetto e sulle ragioni del no) che riassume le conoscenze accumulate in tanti anni di impegno dal movimento trentino e sudtirolese NO TAV:
Il progetto TAV dal Brennero a Verona. Le 10 ragioni del NO
In questo periodo è quasi caduto il silenzio sull’esecuzione delle opere già autorizzate e sull’avvio delle altre. Ma chi vuole realizzarle non è stato fermo. Il quadro delle autorizzazioni ai lavori è stato integrato. In Alto Adige è stato approvato il progetto definitivo della galleria di base del Brennero e ne è stata autorizzata la realizzazione per fasi (18.11.2010); è stato approvato il progetto preliminare del lotto 1 Fortezza – Ponte Gardena (18.11.2010). Altre progettazioni e altri studi di fattibilità stanno per essere chiusi. I lavori per il cunicolo esplorativo ad Aicha sono fermi a 10,5 km (su 27) ma stanno per riprendere, la galleria-finestra di Mauls è finita, sono stati avviati nel febbraio 2012 i sondaggi geognostici per il modello idrogeologico delle gallerie del lotto 1. E il tentativo di aprire nuovi cantieri anche in Trentino non pare troppo lontano. L’Unione Europea ha confermato la priorità degli interventi sul corridoio del Brennero; le risorse finanziarie disponibili sono lievemente cresciute; gli interessi dei grandi costruttori, il Governo e i politici locali premono perché si faccia presto. Di fronte resta la sempre più evidente, clamorosa inutilità rispetto agli scopi dichiarati di opere che promettono devastazioni ambientali, gravi disagi per la popolazione e costi improponibili. Dobbiamo lavorare per trasformare la nostra consapevolezza in opposizione attiva di tanti. Il percorso che conduce a sconfiggere il progetto è lungo e difficile, ma non impossibile.
IL TRACCIATO:
Il percorso della nuova linea dal Brennero a Verona è ormai delineato dall’insieme delle progettazioni (definitive, preliminari, studi di fattibilità). Con buona approssimazione a quello che potranno indicare tutti i progetti definitivi ci possiamo dunque attendere:
Km totali 218 dal valico del Brennero a Verona
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Km 23 per la sezione italiana della galleria di base del Brennero
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Km 195 per le altre tratte
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Km 82 in Alto Adige
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Lotto prioritario 1
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Fortezza – Ponte Gardena
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Tratta di completamento 01
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Ponte Gardena – Prato Isarco
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Lotto prioritario 2
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Circonvallazione di Bolzano
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Lotto prioritario 5
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Bronzolo – confine Sud con il Trentino
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Km 80 in Trentino
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Tratta di completamento 02
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Confine Nord in galleria con l’Alto Adige – galleria Trento 1
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Lotto prioritario 3
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Circonvallazione di Trento e Rovereto
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Tratta di completamento 03
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Tratto aperto a Nord di Serravalle – confine Sud in galleria con il Veneto
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Km 33 in Veneto
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Tratta di completamento 04
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Confine Nord in galleria con il Trentino – Pescantina
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Lotto prioritario 4
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Ingresso a Verona
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I PROGETTISTI RACCONTANO CHE:
- i costi del progetto sono chiari e affrontabili dalle finanze pubbliche appoggiate dagli investimenti privati;
- i danni ambientali sono limitati e sostenibili;
- il traffico merci su gomma e su rotaia al valico del Brennero è in aumento continuo e irreversibile, l’unica possibilità per assorbirlo è costruire una nuova ferrovia ad alta velocità e alta capacità;
- la ferrovia storica del Brennero non è infatti adeguata a questo scopo perché tra poco sarà insufficiente per nuovi treni merci;
- la nuova linea è una delle condizioni decisive perché l’Italia non resti fuori dal movimento internazionale delle merci e si candidi come piattaforma logistica per avviare verso l’Europa quelle che arrivano dall’Asia attraverso il canale di Suez;
- lo spostamento del traffico dalla strada alla ferrovia è possibile solo con la costruzione di nuove infrastrutture ferroviarie;
- e comunque l’Italia è obbligata a realizzare il progetto, imposto dalla UE.
E INVECE:
Le realizzazioni in Italia di linee TAV decise dal 1991 in poi e le caratteristiche del progetto sul corridoio del Brennero indicano che anche questa sarebbe un’opera:
- enormemente costosa;
- da finanziare producendo debito pubblico;
- devastante per l’ambiente;
- portatrice per decenni di grandi disagi per le comunità investite dal tracciato;
- falsamente propagandata come unica condizione per spostare i flussi merci dalla gomma alla rotaia lungo l’asse del Brennero;
- inutile e comunque in grave ritardo rispetto a questo obiettivo di trasferimento modale, che sarebbe raggiungibile subito con misure adeguate di politica del traffico per allontanare i rischi alla salute provocati dall’inquinamento dei TIR.
In una fase come questa, attraversata da una gestione della crisi economica che sprofonda nella miseria milioni di persone e ne annulla il futuro, il progetto della ferrovia ad alta velocità e alta capacità al Brennero ripropone tutti gli elementi di un modello di sviluppo il cui fallimento è già certificato:
- si fonda sull’ideologia della crescita senza limiti in un pianeta di risorse finite;
- definisce benessere la produzione ridondante e la circolazione insensata di merci;
- usa i beni ambientali come fattore di produzione gratuito distruggendone il valore collettivo;
- privilegia interventi faraonici che assicurano forti guadagni a pochi grandi costruttori e trascura i piccoli lavori essenziali per conservare il territorio;
- destina ad opere inutili soldi pubblici sottratti alla spesa sociale;
- si fa assistere dall’ingegneria finanziaria per spendere somme non disponibili e continua in silenzio a costruire debito pubblico in buona parte occulto;
- attacca i fondamenti della democrazia perché impone con ogni mezzo opere non ben conosciute né condivise dalle popolazioni interessate.
CONTRO IL PROGETTO, 10 RAGIONI DEL NO:
1. Ha costi insostenibili
La realizzazione dell’intero progetto costerebbe all’Italia, a prezzi 2010, circa 11 miliardi secondo le stime ufficiali e circa 61 miliardi secondo le nostre stime. Con le stesse risorse potremmo fare investimenti molto più proficui per tutti. I promotori dell’opera non hanno mai fornito un piano economico e finanziario con tutte le voci di costo (compresi oneri per finanziamento, allocazione dei rischi, adeguamento monetario, gestione, prescrizioni, opere compensative).
MODELLO DI RIPARTIZIONE DEI COSTI
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Traforo di base del Brennero
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Unione Europea
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30 %
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Impegno a carico dell’Italia 35 %
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Italia
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15 %
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Austria
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15 %
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Autostrada A22
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5 %
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Autostrada A13
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5 %
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Mercato finanziario (BEI, Cassa Dep. Prestiti, altri)
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30 %
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Tratte di accesso Sud
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Stato, RFI, Regione Veneto, Province autonome
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99 %
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Impegno a carico dell’Italia in pratica 100 %
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Autostrada A22
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1 %
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Unione Europea
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?
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COSTI SECONDO STIME UFFICIALI E STIME INDIPENDENTI
TRAFORO DI BASE E OPERE ACCESSORIE, 55 KM, 23 KM IN ITALIA
Stime ufficiali
- Austria – Corte dei Conti, agosto 2010: 24 miliardi (oneri per Italia 8,40)
- Italia – Delibera CIPE 18.11.2010, n. 83: 8,28 miliardi (oneri per Italia 2,90)
Stime indipendenti
Le stime indipendenti (che da molto indicano un costo fino a 20 miliardi) corrispondono ormai alle stime ufficiali più realistiche.
TRATTE DI ACCESSO SUD E OPERE ACCESSORIE, 195 KM
Stime ufficiali italiane
- 8° Allegato Infrastrutture, settembre 2010, solo lotti 1-4: 4,02 miliardi
- Fonte BBT-SE, 2007, lotti 1-4 e tratte di completamento: 8,00 miliardi
Stime indipendenti
- Nuova Quasco, per le sole infrastrutture, a prezzi 2007: 18,70 miliardi
- http://www.notavbrennero.eu, a prezzi 2010: partendo dalle stime italiane sul costo del traforo di base: 19,11 miliardi; partendo dalle stime austriache sul costo del traforo di base: 52,64 miliardi
MA IN ITALIA I COSTI DEL TAV TRA IL 1991 E IL 2007 SONO AUMENTATI DI SETTE VOLTE
Per esempio, i costi della linea Milano-Torino tra il 1991 e il 2006 sono cresciuti di 7,4 volte per le sole infrastrutture a terra. Ci sono molti segnali che sull’asse del Brennero possa succedere lo stesso. Se così fosse, i costi veri delle opere finite sui 218 km in Italia – tenendo conto delle specificità del progetto – potrebbero arrivare, teoricamente, secondo questa simulazione, a:
- circa 70 miliardi a lavori finiti, se le stime ufficiali aggiornate di spesa pubblica italiana fossero onnicomprensive;
- circa 142 miliardi a lavori finiti, se le stime medie indipendenti fossero onnicomprensive;
- circa 190 miliardi a lavori finiti, se le stime medie indipendenti riguardassero le sole infrastrutture.
COSA POTREMMO FARE CON QUESTE RISORSE
Secondo le stime ufficiali austriache un km del traforo di base del Brennero costerebbe 436 milioni. Ma in questo esempio prendiamo pure per buono il costo ufficiale minimo stimato dalla Delibera CIPE n. 83/2010, secondo cui quel km costerebbe circa 150 milioni. In un periodo in cui in nome della crisi vengono demoliti servizi pubblici e quadro di vita di tantissime persone questa cifra potrebbe servire per cose più importanti di una serie di buchi nelle nostre montagne per garantire sprechi e profitti di pochi. Con il costo di un km di TAV in Trentino (dove se ne prevedono 80) si potrebbe:
- costruire un ospedale di 300 posti letto, la metà di quelli del nuovo faraonico NOT di Trento, oppure farlo funzionare per un anno;
- costruire e far funzionare per cinque anni sette impianti ospedalieri per tomografia ad emissione di positroni (PET), ai costi massimi di preventivo;
- costruire 52 asili nido ad alta efficienza energetica e ambientale per 45 bambini, come quello in progetto a Martignano di Trento;
- pagare per 3 anni circa 10.000 locazioni a canone moderato per appartamenti ITEA (Istituto Trentino Edilizia Abitativa) di tre stanze;
- ristrutturare e rendere funzionanti più di 520.000 metri quadrati di superficie di case di soggiorno per anziani;
- pagare rimozione, trasporto, smaltimento e oneri amministrativi per la bonifica di quasi 13.700.000 metri quadrati di amianto, pari a più di 205.000 tonnellate totali.
2. Aumenta il debito pubblico
Ci dicono che il debito pubblico italiano è insostenibile, è una delle prime cause della nostra crisi. Ma tacciono su come nei decenni il debito è stato costruito e su come continua ad accumularsi. Governi e poteri economici ci dicono che l’Italia non ha più risorse per sostenere il lavoro, il benessere sociale, le pensioni, i giovani, i servizi pubblici. Ma quelle per le grandi opere inutili, le spese militari e le clientele si trovano sempre. La storia del TAV in Italia è fatta di denaro pubblico depredato dalle collusioni tra grandi costruttori, banche, partiti, organizzazioni illegali. Ecco perché si continua a spingere per realizzare opere che servono solo al 5% dei viaggiatori. Il “modello TAV” nasce dopo la scoperta di tangentopoli. Si dovevano trovare nuove risorse da dividere: così le “grandi opere” hanno sostituito le “mazzette”. Ma spese come quelle per le linee TAV non sarebbero state accettabili, se presentate alla luce del sole. Bisognava trovare i finanziamenti e insieme il modo di spenderli lasciando spazio alle spartizioni. Sono state allora create società miste (TAV SpA, Infrastrutture SPA) tra le Ferrovie dello Stato al 60% e soggetti privati (grandi imprese, banche) al 40%. Si è fatto finta che i soci privati avrebbero contribuito con propri capitali, appunto il 40%. Le Ferrovie dello Stato hanno incaricato queste nuove società di realizzare tutto il programma TAV. Al momento di partire con le opere i privati impegnati per il 40% non hanno versato la loro quota; tutti sapevano che i ricavi dal TAV non avrebbero coperto nemmeno i costi di esercizio delle linee. I finanziamenti privati perciò altro non sono stati che prestiti delle banche alle società miste TAV SpA e Infrastrutture SpA, che li hanno usati – insieme al 60% di fondi pubblici – per pagare i lavori. Prestiti garantiti però dallo Stato. La realizzazione delle singole linee TAV è stata affidata a trattativa privata a pochi contraenti generali (grandi imprese nazionali, non solo di costruzione) che per i singoli cantieri hanno usato i normali contratti di appalto: e questo è stato un altro filone di sprechi, di abusi e di infiltrazioni mafiose che fa storia a sé, fonte di enormi sovraccosti per la collettività e di enormi profitti per i privati. Finite le opere ed entrate in esercizio le prime linee, i ricavi non sono bastati a TAV SpA e Infrastrutture SpA per restituire capitali in prestito e relativi interessi; le società si sono estinte, i debiti sono rimasti alle Ferrovie e allo Stato garante. Nel 2007, per esempio, a fronte di un costo di circa 90 miliardi di Euro per il programma TAV avviato nel 1991 il debito pubblico emerso è stato di circa 13 miliardi. Questo meccanismo, troppo impresentabile, è entrato in crisi. Ma la politica delle grandi opere distruttive e non condivise prosegue. L’ingegneria finanziaria si è organizzata per trovare nuovi strumenti che consentano lavori pubblici “in condizioni di deficit di bilancio”. Con le due manovre dell’estate 2011, quella del dicembre 2011 e le norme di inizio 2012 sulle liberalizzazioni i Governi Berlusconi e Monti hanno fatto approvare al Parlamento nuove regole per: a) accelerare le procedure di decisione sulle infrastrutture strategiche prioritarie; b) attenuare vincoli e controlli di ogni tipo; c) diminuire le risorse per le opere di compensazione e mitigazione degli impatti ambientali; d) attirare più investimenti privati nel settore. La c.d. finanza di progetto è il modo normale con cui i capitali privati intervengono nella realizzazione di opere pubbliche riservandosene la gestione per recuperare l’investimento e ottenere un guadagno. Ma in precedenza non veniva usato nel settore delle poco redditizie opere ferroviarie. Ora le nuove norme eliminano quasi tutto il rischio di impresa per società e finanziatori privati e li allettano con molti favori (lunghissima durata delle gestioni, defiscalizzazioni, facilitazioni fiscali, abilitazione ad emettere “project bond” e rifilarli agli investitori istituzionali quali assicurazioni e fondi pensione, possibilità di “valorizzare” beni pubblici o addirittura di singoli cittadini nelle aree di progetto). E non basterà: i canoni di locazione pluridecennali addossati alle amministrazioni pubbliche per l’uso delle opere realizzate e la reiterata attenzione ai profili della loro c.d. bancabilità ripropongono le garanzie pubbliche sui capitali privati e nuovi fattori di sempre più pericoloso incremento progressivo del debito pubblico occulto.
3. Posti di lavoro?
L’argomento che l’opera creerebbe tanti posti di lavoro è solo propaganda. Visti gli altissimi costi di questo tipo di progetti, la creazione di un solo posto di lavoro per realizzarli costa circa 40 milioni di Euro. Abbiamo appena visto quali alternative di servizio pubblico e di impiego ci sono utilizzando diversamente queste cifre. L’incertezza dei finanziamenti produce grave discontinuità dell’occupazione di settore: i lavori subiscono continui blocchi, le società di costruzione vanno in crisi. Niente di nuovo, si potrebbe obiettare, in un quadro di perdita e precarizzazione del lavoro come quello attuale. Ma i progettisti non valutano mai che l’eventuale occupazione aggiuntiva prodotta dalle grandi opere va confrontata con l’occupazione attuale e potenziale che si perde a causa del relativo impatto sul territorio: la preziosa agricoltura residua delle valli dell’Isarco e dell’Adige sarebbe danneggiata irreparabilmente; ed è inutile nascondersi che nessuna impresa di qualità si insedierebbe in aree inquinate e congestionate da mezzi di cantiere. Anche i pretesi vantaggi per l’economia locale non esistono. Le grandi imprese di costruzione sono autonome dai territori occupati: per tutte le forniture dipendono da contratti nazionali che trascurano i mercati locali; utilizzano propri operai specializzati che si spostano di cantiere in cantiere e operano con macchinari che richiedono grande esperienza, senza formare lavoratori locali cui restano i pochi e marginali posti non qualificati dei subappalti, dove è altissima l’incidenza dei ribassi insostenibili, delle condizioni di impiego precarie e nocive.
4. Danni ambientali enormi e irreversibili
Avremmo cantieri diffusi lungo le valli dell’Isarco e dell’Adige, con forte aumento dell’inquinamento; grandi quantità di materiali di scavo a discarica definitiva vicino ai 30 portali di galleria e alle 8 porzioni all’aperto; distruzione certa di molte risorse idriche superficiali e sotterranee; consumo irreversibile di circa 600 ettari di territorio; forte disturbo delle attività agricole; deturpazione di paesaggi ed ecosistemi. Non dimentichiamo poi che in fase di esercizio la nuova ferrovia produrrebbe inquinamento elettromagnetico, acustico (in qualche caso ineliminabile anche con barriere alte fino a 6 metri) e grandi sprechi energetici (il consumo di energia per l’esercizio di una linea AV-AC può essere fino a 60% superiore a quello di una linea ordinaria).
5. Il traffico di valico su strada sta diminuendo
Il traffico merci su strada è stato stimato dai progettisti con metodologie scorrette e comunque diminuisce a causa della crisi; tutte le previsioni che lo davano in aumento costante si rivelano infondate. La quantità di traffico stradale non può dunque essere usata come argomento a favore della costruzione di una nuova ferrovia. Il trasporto merci su ferrovia lungo il corridoio del Brennero è aumentato lentamente negli anni – seguendo grosso modo le previsioni – e secondo gli affidabili dati dell’Ufficio federale dei trasporti svizzero nel 2010 è stato pari a circa 14 milioni di tonnellate: un volume ben inferiore alla capacità massima della ferrovia storica stimata attualmente in 18 milioni di tonnellate all’anno. Quanto al traffico merci su strada, fin dagli studi preliminari del 2002 sul traforo del Brennero sono stati previsti volumi di traffico di valico in costante incremento: 34 milioni di tonnellate nel 2015, 39 milioni nel 2025, 48 milioni nel 2030. Si tratta però di stime che proiettano nel futuro gli andamenti storici senza tenere conto di alcuna variabile (le crisi economiche, il costo dei carburanti, i mutamenti delle offerte di trasporto, nuovi orientamenti nei consumi) e che comunque non considerano mai i limiti della crescita in un pianeta con risorse finite. E infatti, dopo un periodo di continuo incremento fino al 2007, il traffico merci su gomma al Brennero è drasticamente crollato fino a presentare nel 2010 – sempre secondo l’Ufficio federale dei trasporti svizzero – un volume di 27,5 milioni di tonnellate: quasi 10 milioni meno rispetto alle previsioni dei progettisti per lo stesso 2010, in ogni caso lontanissimo dalla capacità massima stimata della A22 (45 milioni di tonnellate all’anno). Stesse indicazioni dai dati di fine 2011. Questo livello di traffico merci su gomma non può quindi essere un motivo per sostenere la necessità di una nuova ferrovia.
6. La ferrovia storica del Brennero ha molte capacità residue
Non è vero che l’esistente linea ferroviaria del Brennero sta per arrivare al limite della propria possibilità di trasporto merci. Al contrario, ancora pochi ammodernamenti e soprattutto una maggiore efficienza nel suo esercizio garantirebbero quella grande capienza aggiuntiva che non si vuole ottenere proprio per giustificare la costruzione della nuova ferrovia. In Italia e sul corridoio del Brennero le ferrovie fanno viaggiare i treni merci tutto l’anno ma con un carico equivalente a 220-250 giorni operativi. Applicando gli standard gestionali di Austria e Svizzera, invece, i giorni operativi potrebbero essere 350 all’anno, con l’effetto di assicurare un trasporto potenziale pari a circa 2,5 volte quello attuale: con 180 treni merci al giorno di capacità media di 550 tonnellate nette/treno e 350 giorni operativi all’anno, la ferrovia storica del Brennero potrebbe trasportare oggi fino a quasi 35 milioni di tonnellate nette per anno a fronte dei 14 milioni di oggi. Se ne trova conferma nel notissimo dato secondo cui tutto il sistema dei valichi ferroviari alpini è molto sottoutilizzato: Brennero, Frejus, Gottardo, Sempione e Tarvisio sono sfruttati mediamente al 35%. Non si possono poi fare gestioni logistiche isolando ciascun corridoio di traffico dagli altri e mantenendo bassa l’efficienza di tutti. Una razionale logica di rete tra le ferrovie transalpine esistenti e la fine delle sottoutilizzazioni, a volte intenzionali, permetterebbe di evitare grandi sprechi e di soddisfare tutte le necessità di trasporto senza inventarsi nuove infrastrutture inutili.
7. L’Italia non è un corridoio merci
Le merci internazionali che attraversano l’Italia con origine e destinazione fuori dal nostro paese non arrivano al 5% su strada (nel 2002 erano il 3%) e all’1% su ferrovia. Come si può immaginare su queste basi di sviluppare infrastrutture orientate al traffico internazionale? Secondo i progettisti, l’offerta di ferrovie ad alta velocità e capacità è una condizione per non lasciare l’Italia fuori dai grandi flussi commerciali; anzi è occasione unica per intercettare le merci che vengono da oriente e risalgono il canale di Suez dirette verso l’Europa. È la fissazione ideologica dell’Italia come piattaforma logistica europea. Ma i dati storici di traffico rivelano la natura propagandistica di questi slogan. Lo scarso passaggio di merci internazionali in Italia dipende da un assetto dei flussi commerciali mondiali che non sarebbe certo modificato da una nuova ferrovia nazionale pronta (forse) nel 2050. Questi dubbi valgono in particolare per il valico del Brennero, la cui centralità rispetto all’idea già strampalata di piattaforma logistica è tutta da dimostrare e anzi perde gradualmente senso: 1) i tempi lunghissimi di realizzazione rendono non credibili le strategie di inserimento nell’offerta internazionale di traffico, anche a causa della prossima apertura delle rotte navali artiche; 2) in Austria si moltiplicano perplessità e ostacoli sulla nuova ferrovia del Brennero e sulla sua utilità per spostare il traffico dalla gomma alla rotaia; 3) non è certo che la Germania decida di costruire il prolungamento verso Monaco di Baviera; 4) per le merci sbarcate nei porti del Nord Adriatico è molto seria l’alternativa delle ferrovie Pontebbana e dei Tauri, ben collegate con il nodo di Monaco di Baviera e il Nord Europa attraverso Salisburgo, posizionate molto meglio del Brennero per il traffico con l’Europa centro orientale. E comunque voler ridurre l’Italia a un “corridoio merci” inquinato e devastato è un’idea inaccettabile per il nostro futuro.
8. Non è l’Europa ma l’Italia a volere l’opera
Per motivi di “affari” sono le classi dirigenti economico-politiche nazionali a pretendere la realizzazione del progetto; non l’Europa, secondo cui nei grandi corridoi di trasporto sono possibili e finanziabili interventi di modernizzazione che non hanno nulla a che vedere con l’alta velocità. Tra gli obiettivi, le linee d’azione e le priorità della rete transeuropea dei trasporti decisi dall’Europa nel 1996, nel 2004 e nel 2007 figurano in primo piano: mobilità durevole delle merci; uso ottimale e ristrutturazione sia delle capacità sia delle reti esistenti; collegamenti e interconnessioni per eliminare le strozzature, ultimare i raccordi mancanti e completare i grandi assi; miglioramento dell’interoperabilità; promozione dell’intermodalità; incremento della sicurezza e dell’affidabilità delle linee; importanza delle sezioni transfrontaliere. Le linee ferroviarie ad alta velocità non sono l’unico tipo di intervento che verrebbe cofinanziato dall’Unione Europea all’interno dei c.d. corridoi europei di trasporto, come invece vorrebbero far credere i gruppi di interesse che guardano ai grandi profitti garantiti da questi tipi di infrastrutture. Sono le lobbies nazionali che hanno gradualmente piegato all’alta velocità le burocrazie di Bruxelles, senza peraltro incontrare alcuna resistenza. Nell’incontro organizzato da LebenswertesWipptal a Innsbruck il 19.4.2011 con i Comitati che nelle valli dell’Inn, del Wipptal, dell’Isarco e dell’Adige si oppongono al progetto della nuova ferrovia ad alta velocità, il coordinatore europeo del corridoio del Brennero Pat Cox ha dichiarato esplicitamente che le opere ipotizzate sono state richieste dai politici italiani e austriaci, non imposte dalla UE; e che di misure di accompagnamento per l’eventuale futuro passaggio delle merci dalla strada alla ferrovia non si è mai discusso.
9. Le alternative ci sono, il traffico su gomma si può ridurre subito
È vero che il traffico merci al valico del Brennero è insostenibile, fonte di inquinamento e disagi sociali. Ma questo problema va affrontato subito, non usato per sostenere la necessità di una nuova ferrovia. Riduciamo il trasporto merci su strada senza aspettare il 2050. Quello del Brennero è il principale corridoio di traffico merci transalpino per ragioni che non dipendono dalla sua posizione strategica nella rete delle infrastrutture stradali e ferroviarie, ma dal mantenimento artificioso di condizioni economiche di passaggio che lo rendono insuperabilmente vantaggioso. I flussi al Brennero continuano ad essere il falso pretesto per la costruzione della grande opera inutile che sarebbe la nuova ferrovia ad alta velocità/capacità. Sono comunque insostenibili per le popolazioni delle valli attraversate, portatori di danni alla salute e di disagi gravi. Possono e devono essere limitati subito adottando alcune precise misure di politica del traffico:
- uguali tariffe autostradali al km per veicoli pesanti in Austria, Svizzera e Italia. Nel febbraio 2012 un TIR di 40 T, Euro 4, pagava a tariffa diurna in media 83 ct/km (compresa IVA al 20%) sulla parte austriaca dell’autostrada del Brennero (con il tratto più breve, 38 km, tra Kiefersfelden e il passo) mentre pagava 17,00 ct/km (compresa IVA al 21%) sulla A22 (con il tratto assai più lungo, 226 km, tra Verona Nord e il passo). E’ ovvio perciò che al Brennero transiti, per ragioni di convenienza, circa un 30% di c.d. traffico deviato;
- divieto di traffico pesante notturno e divieti settoriali sulla A22 (cioè trasferimento obbligatorio su ferrovia di particolari merci pesanti o ingombranti), come in Austria. Non nascondiamo che l’Unione Europea reagisce contro questi interventi perché violerebbero le regole della libera circolazione delle merci; ma tra i principi fondamentali dei trattati europei ci sono anche quelli sui diritti alla salute; e se l’Italia appoggiasse i provvedimenti austriaci, invece di osteggiarli apertamente, l’Europa riconoscerebbe più facilmente queste politiche;
- attuazione del sistema “Borsa dei transiti alpini”, un meccanismo già adottato in Svizzera che in pratica si risolve nella fissazione di tetti annuali insuperabili per il traffico merci su gomma;
- rispetto effettivo in Italia degli obblighi dell’autotrasporto (pesi, limiti di velocità, ore di guida).
Così il traffico al Brennero potrebbe essere ridotto fino a 2/3 del suo volume senza pregiudizio grave degli interessi in campo: sarebbe in parte dirottato verso percorsi più razionali e in parte trasferito sulla ferrovia storica, che presenta grandissime capacità residue di trasporto. Se scelte come queste vengono accuratamente evitate è perché non si vogliono né toccare gli interessi delle grandi società di logistica, né diminuire gli enormi dividendi che provengono dalla Società Autobrennero (specie alla Regione Trentino Alto Adige e alle due Province autonome) né sgombrare il campo dal pretesto principale che muove il progetto della nuova ferrovia ad alta velocità. Conosciamo i problemi degli autotrasportatori lavoratori dipendenti o piccoli proprietari sottoposti a concorrenze insidiose e a logiche di mercato che non possono controllare. Oggi però non possiamo sacrificare l’interesse di tutti ai bisogni di pochi.
10. Le alternative ci sono, cambiamo modo di produrre e consumare
Bisogna far avanzare un’alternativa al modello di produzione e di consumo che genera tutto il traffico merci inutile. Fingendo di cercare una soluzione al traffico stradale delle merci, i sostenitori dell’alta velocità e capacità ferroviaria coltivano l’illusione che accettando questo tipo di infrastrutture le popolazioni delle valli alpine potranno in futuro essere liberate dai camion. Ma il nodo centrale della questione traffico sta, dal nostro punto di vista, su un piano diverso. La capillarità e la velocità del trasporto su gomma – anche se a costi ambientali, sociali ed economici molto elevati – resteranno insostituibili per un mercato che privilegia il movimento delle merci secondo convenienza, sacrificando la prossimità tra luogo di produzione e luogo di consumo. Per questo sarà comunque difficile far viaggiare le merci in gran prevalenza sui treni anziché sui camion. Le direttrici e i flussi internazionali di merci sono determinati dagli interessi delle grandi società della logistica (nessuna italiana). L’offerta di linee ferroviarie veloci, ammesso e non concesso che abbia costo competitivo, non assorbe automaticamente la domanda di traffico in questo tipo di sistema malato. Non è un caso che in Europa – dove esiste una rete ferroviaria mediamente diffusa ed efficace – il traffico merci ferroviario sia circa l’11% del totale e che attraverso l’arco alpino questa percentuale salga solo a circa il 30%. La vera alternativa a questo progetto è mettere in discussione l’idea che sia possibile una crescita infinita in un mondo con risorse limitate; il fatto che le merci siano prodotte dove il lavoro è poco garantito e poi trasportate a migliaia di chilometri. L’alternativa è chiedersi se è giusto essere abitanti di un territorio su cui non decidiamo nulla e che ci viene distrutto sotto gli occhi.
Solo un’opposizione dal basso, ampia, consapevole e determinata, potrà impedire la devastazione del territorio e delle nostre vite. Tu puoi:
- parlare con altri, distribuendo materiale informativo o segnalando dove trovarlo;
- organizzare incontri
- partecipare alle iniziative di chi si oppone al progetto;
- avviare un percorso per la nascita di comitati locali